La cava di monte Cima

Siete invitati sabato 8 giugno alle 18, nella piazza Maggiore di Samone, all’inaugurazione della mostra fotografica all’aperto “La cava di monte Cima. Un racconto per immagini”.

Pur essendo stata attiva poco più di un decennio (1952-1964), la cava è fortemente impressa nella memoria collettiva e familiare di Samone e dei paesi del circondario. Ancora oggi sono visibili i segni lasciati dall’attività estrattiva sulla sommità della montagna.

Il paese, che usciva dalla guerra alla disperata ricerca di lavoro e dei mezzi necessari per sopravvivere, basava la propria economia su una agricoltura di sussistenza e subiva impotente i nuovi fenomeni migratori alla ricerca di un futuro migliore nel centro e nord Europa.

La possibilità di sfruttamento dei filoni di quarzo della Cima rappresentava una speranza di rimanere in paese e ricavarne, per quanto con fatica, il necessario per vivere.

Il lavoro estremamente faticoso, la necessità di vivere per lunghi periodi in quota, l’impossibilità di lavorare tutto l’anno e, non ultima, la qualità non elevata del minerale estratto contribuirono a un veloce abbandono dell’attività estrattiva, al pari degli altri impianti di Scurelle e Telve.

Era il tempo dei primi tentativi di industrializzazione della Valsugana, particolarmente significativa a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, e della nascita di un forte comparto edilizio locale.

Della cava di monte Cima resta dunque il ricordo, le immagini e i racconti raccolti in questa ricerca: testimoni di un periodo storico difficile, dove le occasioni di riscatto nascono dalla forza di volontà e dallo spirito di sacrificio delle genti di montagna.

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